Che ruolo hanno, ai tempi del lavoro smart, gli spazi di coworking?
Questi luoghi condivisi, utilizzati da startupper, liberi professionisti e piccole imprese, hanno subìto un duro colpo a causa della pandemia. Dopo la chiusura da lockdown, hanno, infatti, dovuto fare i conti con le regole del distanziamento sociale, che hanno impattato sulla capienza.
In altri termini: meno posti da affittare e, dunque, minori incassi.
Va detto, tuttavia, che oggi la domanda non manca. Il motivo è duplice: da una parte vi è un tema di socializzazione. La quarantena ha reso evidente quanto sia fondamentale, nel lavoro, la condivisione di idee, opinioni, pensieri. E gli spazi di coworking offrono l’opportunità di confrontarsi con altre persone, di sentirsi parte di una comunità, di fare network.
Dall’altra parte vi è un aspetto di flessibilità. Le aziende hanno bisogno di diminuire o aumentare le postazioni in relazione alle esigenze del momento (e del mercato). E gli spazi condivisi rispondono perfettamente a questa esigenza. Che senso ha pagare l’affitto di un grande ufficio, con il rischio di sotto-utilizzarlo? Meglio affittare uno spazio più piccolo e, in parallelo, appoggiarsi a un coworking.
Attenzione però: oggi più che mai, la gestione delle postazioni non è sufficiente per sostenere il business.
Occorre, cioè, offrire altri servizi, così da avere ulteriori fonti di ricavo e, nel contempo, dotarsi di un’identità distintiva, differenziante. Così, per esempio, alcune strutture puntano sui supporti tecnologici e propongono laboratori di fabbricazione digitale attrezzati e aree dotate di Lim, sistemi di webcam etc. Altre, invece, realizzano attività strutturate di networking e di formazione. Organizzano, pertanto, sia veri e propri corsi sia workshop e talk con esperti di vari settori.
[source: corriere.it]